Siamo ormai
tutti consapevoli che la plastica rappresenta una vera calamità per l’intero
pianeta.
Siamo però meno
consapevoli del potere che abbiamo come singoli, se uniti ad altri milioni di
singoli.
Aspettiamo che
siano i Governi a prendere i provvedimenti, senza considerare i tempi con
cui i governi agiranno, gli interessi privati che dovranno tutelare,i
business alternativi che favoriranno.
Prendiamo
l’esempio dell’olio di palma,dannoso per la salute,per le cui coltivazioni
vengono distrutte in India foreste su foreste .
Sull’onda di
pochi attivisti che han fatto petizioni, sensibilizzazioni, ecc, si sono mossi
centinaia, migliaia, milioni di singoli consumatori che hanno iniziato a non
acquistare più i prodotti che lo contenevano, spingendo, di conseguenza, sempre
più Ditte produttrici a rinunciare all’olio di palma.
Oggi sugli
scaffali dei supermercati ,campeggiano centinaia di prodotti con la
scritta, ben visibile:” senza olio di palma”.
Facciamo e
rinunciamo dunque tutti insieme a qualcosa, per eliminare la plastica dalla
nostra vita, se vogliamo davvero eliminarla dal nostro pianeta.
- Acquistiamo frutta e verdura sfusa,piuttosto che quella in contenitori, imballi, retine di plastica
- E’ vero che praticamente tutti gli altri prodotti sono insacchettati nella plastica, ma alcuni supermercati hanno linee di loro prodotti in imballi cartacei (il PAM, ha una linea di suoi biscotti in sacchetti che si smaltiscono come carta,Il Carrefour, ha il proprio riso in scatole di carta,senza l’involucro interno in plastica).
Se cominciassimo a guardarci in
giro,a trovare anche altri prodotti, a sceglierli ,a farli
scegliere da amici e parenti, gradualmente, come è successo per l’olio di palma, i prodotti senza plastica aumenterebbero
di numero e di varietà sugli scaffali di tutti i
Supermercati.
E le varie Marche si farebbero
concorrenza per scrivere sui loro prodotti:
” Senza Plastica”
- Sempre al Super, invece di usare il guanto in plastica per prendere frutta e verdura, si può mettere la mano a mo’ di guanto in uno dei sacchettini che si usano per riporre gli acquisti.
- Smettiamo di usare piatti, bicchieri, posate di plastica in casa nostra e, se facciamo parte di qualche Parrocchia, Gruppo , Associazione che organizza per i propri membri cene, pranzi ecc, e non vogliamo lavare una montagna di stoviglie, chiediamo ai partecipanti di portarsi da casa il proprio piatto di ceramica, il proprio bicchiere di vetro, le proprie posate di metallo, il proprio tovagliolo di stoffa e di riportarseli a casa per il lavaggio.
- Chi beve l’acqua minerale in bottiglia, perché non compera quella nelle bottiglie di vetro? Certo, costa molto di più, ma ….
- Se andiamo in gita,in bicicletta o a correre, portiamoci la vecchia borraccia di metallo, invece della bottiglietta di plastica.
LA BIOPLASTICA
(usiamo per
comodità questo termine sapendo però che le plastiche
biodegradabili, quelle compostabili e quelle riciclabili ,con molteplici
varietà e classificazioni, non sono la stessa cosa).
Qualcuno, pigro
e irresponsabile,aspetta che la plastica sia vietata per legge e che in
commercio compaia la bioplastica.
La
bioplastica però non compare, deve essere prodotta, con processi
industriali costosi che inquinano e/ o impattano sull’ambiente e
che abbisognano di materie prime che possono essere sì gli scarti
dell’agricoltura , ma anche e soprattutto apposite coltivazioni , per esempio
di mais.
Immaginiamo
dunque quante sono le stoviglie che raccogliamo dopo una cena o un pranzo
collettivo e quanti imballi, sacchetti , contenitori ci sono sugli scaffali dei
supermercati e dei vari negozi che conosciamo.
Adesso
cerchiamo di immaginare a quanti ce ne possono essere in tutta
Italia, in Europa, in tutto il Mondo.
Immaginiamo
dunque, di conseguenza, quante dovranno essere le coltivazioni che serviranno
per fornire la materia prima necessaria a produrli.
E con che
consumo di territorio delle solite popolazioni dei paesi terzi che
non avranno alcun vantaggio in termini di alimentazione umana, ma dove la mano
d’opera verrà sfruttata dalle solite multinazionali allo scopo di offrire
bioplastica a prezzi concorrenziali.
E già che
abbiamo immaginato la mole di rifiuti bioplastici mondiali, proviamo a
pensare che dovranno essere raccolti, smaltiti, riciclati, compostati da
Aziende che dovranno riconvertirsi all’uso di nuove, costose tecnologie in
nuovi costosi impianti.
Consideriamo
infine che biodegradabile non significa per forza innocuo per l’ambiente.
Che anche
sostanze di origine vegetale possono, durante la biodegradazione, originare
sostanze tossiche.
Che gli effetti
diretti e indiretti del processo di degradazione sull’ habitat marino non sono
stati ancora del tutto studiati.
Che in genere
la bioplastica permane nell’ambiente anche 4-5 anni, prima di essere
degradata.
Che finirà nei
fiumi e nei mari come ci finisce la plastica normale.
Consideriamo da
ultimo che una plastica compostabile e biodegradabile, lo è solo in impianti
industriali appositi e non nell’ambiente terrestre, in quello marino, né
nello stomaco di una balena.
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